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Soluzioni Sovraindebitamento – La legge 3/2012 contro il sovraindebitamento
Il sovraindebitamento (legge 3/2012) nel nostro Paese negli anni più recenti si è incrementato a seguito degli effetti di ricaduta destruenti che la crisi economica ha avuto su imprese e persone, colpendo trasversalmente imprenditori e addetti che operavano con i rispettivi ruoli e funzioni nei diversi settori dell’economia.
Gli imprenditori hanno dovuto richiedere finanziamenti cospicui a istituti bancari e agenzie finanziarie, ricorrendo a volte anche a usurai, sovraindebitandosi per fare fronte alla crisi, poiché dovevano investire nelle proprie aziende per competere con la qualità dei prodotti sui mercati, approvvigionarsi dell’energia necessaria per produrre, pagare le tasse in un regime fiscale che oggettivamente grava eccessivamente sulle imprese, corrispondere le paghe agli addetti, e nel momento in cui, perdurando la crisi, non sono riusciti a fronteggiare l’eccessivo indebitamento,
hanno chiuso l’attività, collocando in cassa integrazione o licenziando i dipendenti.
Gli addetti, cittadini singoli, che molto spesso versavano in precedenza in difficoltà economiche per dover fronteggiare eventi inattesi che ne erodevano il reddito – spese per la salute, per l’assistenza di un parente anziano, riparazioni domestiche, acquisti di elettrodomestici per sostituire gli obsoleti e non più funzionanti, ecc. – si sono sovraindebitati per non peggiorare ulteriormente la situazione economica, ma di fatto senza migliorarla, diventando poveri.
I sovraindebitati in Italia sono stimati in oltre 20 milioni, calcolando tutti i cittadini che hanno pendenze debitorie con Stato (Equitalia), Enti Locali, banche, finanziarie, altri privati (quali i fornitori per gli imprenditori) e in moltissimi casi anche usurai.
Tuttavia, queste stime sono destinate a implementarsi in conseguenza del peggioramento dell’economia a seguito degli effetti di ricaduta della gestione della pandemia causata dal Covid-19, che ha visto per mesi la stasi delle imprese e la loro chiusura e l’aggravarsi delle condizioni economiche dei cittadini che, imprenditori o addetti, non hanno potuto lavorare e sono in attesa di percepire sussidi di vario tipo.
Infatti, in base a fonti Censis-Confcooperative, nel periodo di chiusura forzata, il 15% delle famiglie ha visto ridurre il proprio reddito più del 50% e il 18% del 25%.
Considerando la fascia di età 18 – 34 anni, la decurtazione del reddito ha riguardato il 41%, con la riduzione di oltre il 50% per il 21,2% e fra il 25 e il 50% per il 19,5%.
Pertanto, il 50,8% degli italiani ha visto peggiorare la propria situazione economica, con punte del 78,7% fra imprenditori e liberi professionisti, del 69,4% fra gli occupati a tempo determinato, del 58,3% tra quelli a tempo indeterminato.
E’ molto probabile che, peggiorata la condizione economica di singoli cittadini e nuclei famigliari, le situazioni debitorie già in essere potranno aggravarsi e nuovi indebitamenti verranno attivati, soprattutto dagli imprenditori, per fare fronte alle nuove difficoltà.
Ne consegue, facendo riferimento a un focus di Censis-Confcooperative basato su dati Istat e Svimez che considerano occupazione e reddito, che in Italia vi siano oggi 2.100.000 famiglie in più a rischio di povertà assoluta.
Numero di poveri che si aggiungerebbe a quelli censiti dall’Istat prima dello scoppio della pandemia: nell’anno 2019 i poveri assoluti erano 4,600.000, 1.140.000 dei quali minori e 1.400.000 stranieri, mentre i poveri estremi, i senza dimora, erano stimati in 112.000.
Basandosi sulle richieste di persone che per alimentarsi quotidianamente dovevano rivolgersi ai centri di Volontariato, gli indigenti ammontavano a 2.700.000.
Tra i poveri attualmente censiti in Italia si trovano anche moltissimi sovraindebitati, in quanto la loro condizione economica, pesantemente condizionata oltre che dal non avere redditi adeguati a soddisfare le esigenze – sovente neppure le primarie – per la sopravvivenza propria e dei propri famigliari, anche dal sovraindebitamento.
Per quanto riguarda la vita dei sovraindebitati, gli effetti di ricaduta dell’eccessivo indebitamento colpiscono molto sovente in modo destruente l’esistenza e la vita quotidiana di donne e uomini, ridotti in povertà.
La loro condizione di “vita da poveri” non riguarda solo aspetti oggettivi di carattere meramente economico, ma anche quelli immateriali, quali la carenza di preparazione culturale, di competenze e conoscenze che sarebbero utili per aiutarli a individuare e praticare strategie di sopravvivenza e di miglioramento della propria situazione.
Possono rientrare nell’ambito della povertà immateriale anche la rottura o la perdita di legami affettivi con il partner e/o i componenti del nucleo famigliare, frammentazione di rapporti causata da contrasti inerenti le difficili condizioni di vita, che a volte possono degenerare in aggressività e violenza tra le mura domestiche.
Inoltre, rientra negli aspetti immateriali anche la mancanza di relazioni interpersonali significative che consentano di superare la solitudine sociale e l’isolamento che molto sovente vivono nella quotidianità e che possono indurre in loro depressione e condizioni di disagio psicologico e psichico anche gravi.
L’insieme di queste caratteristiche fa sì che si vergognano della loro condizione, vivendo un vero e proprio senso di colpa riguardo alla propria situazione economica e sociale della quale si sentono responsabili – nella maggioranza dei casi a torto nei confronti di sé stessi e dei famigliari.
La vergogna aggrava la loro condizione e, chiusi in sé stessi, oltre a isolarsi, non si rivolgono ai Servizi Sociali e ad Associazioni di Volontariato per chiedere e ottenere aiuto.
La continuativa impossibilità di superare il disagio economico, la sofferenza umana e psicologica protratta nel tempo e la disperazione che può essere efficacemente rappresentata dalla immagine della goccia d’acqua che scava la pietra fino a corroderla, influisce anche sulla salute mentale del sovraindebitato: ansie, angosce, insonnie ne accompagnano le giornate, forme di disagio psicologico lievi che spesso degenerano in patologie più gravi.
Riguardo al sovraindebitamento, occorre evidenziare un elemento culturale che influisce, a livello di singoli e famiglie, a legittimare e incentivare la propensione ad accedere in modo eccessivo a linee di credito e finanziamenti.
La diffusione del disagio economico, sociale, umano dei sovraindebitati è stato recepito dai legislatori, che, nell’affrontare il fenomeno dell’eccessivo indebitamento e offrire prospettive di superamento della loro pesante condizione di vita, hanno promulgato nel 2012 la Legge 3, significativamente definita, nella vulgata degli addetti ai lavori, dapprima “salva suicidi” e successivamente “salva famiglie”.
Questo provvedimento legislativo nella sua applicazione prevede opportunità a favore dei sovraindebitati, siano essi imprenditori di imprese fallite, start up, aziende agricole che non sono in grado di continuare l’attività, oppure singoli cittadini privi di un reddito che consenta loro di fare fronte ai debiti contratti per continuare a vivere, poichè in condizioni di sofferenza occupazionale.
Gli interventi previsti dalla Legge 3/2012 sono efficaci per due motivi.
Innanzi tutto, agiscono rispetto alle situazioni debitorie presso tutte le categorie di creditori pubblici e privati, attivando le procedure legali e le intermediazioni economiche e finanziarie necessarie per sanare situazioni anche fortemente compromesse, favorendone la soluzione.
In secondo luogo, permettono, contestualmente all’iter economico giudiziario attivato dal sovraindebitato, di fornire assistenza psicologica, sostengo umano e solidale per sostenerlo qualora si trovi a vivere situazioni di disagio psicologico o psichico, affinché la sua condizione di sofferenza non giunga alle estreme conseguenze del suicidio tentato o agito.
La Legge 3/2012 è una disciplina innovativa che si pone l’obiettivo di porre rimedio alle situazioni di Sovraindebitamento. A tal fine, attribuisce al debitore non fallibile la facoltà di proporre ai creditori un piano di ristrutturazione del debito. Introduce inoltre quello che potremmo definire un vero e proprio “principio di sopravvivenza“. E’ necessario che tale piano di ristrutturazione del debito, Sovraindebitamento all’art. 6, comma 2, lett. a) come: “la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente“.
In altre parole, il Sovraindebitamento non è altro che la difficile condizione di coloro che non riescono a ripagare i propri debiti con le loro disponibilità economiche. Possono accedere alle procedure previste dalla Legge 3/2012 tutti i soggetti che, secondo l’ordinamento italiano, non rientrano nelle disposizioni previste dalla legge fallimentare. Nello specifico: persone fisiche, aziende agricole, piccoli imprenditori non fallibili e professionisti. Il debitore può ottenere la soddisfazione dei creditori attraverso quanto può realmente pagare nella propria condizione economica attuale. Attraverso le procedure di Sovraindebitamento è inoltre possibile: sospendere le azioni esecutive (pignoramenti, aste immobiliari, etc), bloccare le cessioni del quinto dello stipendio, pagare parzialmente i debiti chirografari (ovvero i debiti non garantiti).
L’esdebitazione è uno dei più grandi benefici introdotti dalla Legge 3/2012. Ottenere l’esdebitazione vuol dire essere libero da ogni altro debito residuo ed essere riabilitato attraverso la cancellazione del proprio nominativo da tutti i registri di cattivo pagatore. Per poter beneficiare di tale condizione, il debitore deve essere stato meritevole durante lo svolgimento dell’accordo. Non deve quindi in alcun modo aver intralciato o ritardato il buon fine della procedura né aver commesso atti di frode o rifiutato proposte di impiego